lunedì 4 luglio 2011

Papaveri e papere

Monet, I papaveri
Spero che i papaveri siano di buono auspicio. Quand'ero piccola, ricordo che c'era un gioco che facevo sempre. Me l'aveva insegnato la nonna.
D'estate da noi ci sono i papaveri. Non è una cosa scontata, coi tempi che corrono. D'estate ci sono i papaveri, campi di papaveri, papaveri a ciuffi, a macchie, a fascine.
Ebbene, i papaveri sono rossi. Ma neanche questa è una cosa scontata. In realtà, prima che i papaveri si schiudano, quando non sono ancora che una gemma, un bocciolo, un ricciolo verde, i papaveri sono di quattro colori: rosso, rosa, bianco e marrone. Il mio gioco consisteva nell'aprire i boccioli per vedere di che colore fossero, ma prima bisognava indovinare: "scommetto che questo papavero è cardinale", se pensavi che fosse rosso; "scommetto che questo è cappuccino", se lo credevi marrone. Non ricordo più i nomi del rosa e del bianco. Mi mancano quei giochi.
Ricordo una volta, sempre da bambina, di aver macchiato per sempre una maglietta. Era la mia maglietta preferita, con una grossa papera disegnata. Ero andata a messa, a piedi, con la nonna, e per strada m'ero fermata a sfogliare i papaveri. Le chiazze rosse non se ne andarono più.
"Con cosa l'hai macchiata? Guarda che queste non se ne vanno", aveva detto la mamma, con in mano il flacone della candeggina. Di fatto non se ne andarono.
Non so cosa volessi dirvi di preciso. Non lo so davvero. So solo che credo che i papaveri siano di buono auspicio, perché mi ricordano me da bambina, le favole della nonna, mi ricordano una me felice spensierata leggera. E ancora adesso sul fare dell'estate, quando i campi arrossiscono sotto il sole cocente, ecco, io penso che si possa ritornare felici.

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