mercoledì 6 luglio 2011

La cultura del macello



La cultura occidentale, greca e latina, è una cultura fondata sul massacro. E non penso alle crociate, alle guerre, alle censure: penso semplicemente alla tradizione manoscritta.
Molti testi latini e greci, lo sappiamo, si sono salvati in epoca medievale soltanto per l'opera diligente di qualche monaco amanuense. Spesso non era l'uomo di cultura che immaginiamo: per lui coltivare l'orto, pregare, trascrivere un codice erano la stessa cosa, parte obbligata della sua routine. Spesso non si interessava all'opera che stava ricopiando - salvando. Spesso non conosceva neanche la lingua in cui era trascritta. Era un copiatore meccanico, il più delle volte, che non staccava mai la penna, che sbagliava a trascrivere, che spesso ci aggiungeva degli errori per rabbia - perché era tutto il giorno che scriveva e non ne aveva voglia e avrebbe preferito stare nell'orto, a zappare, come il monaco suo collega.
Ecco, io so che questa non è una visione molto poetica della cosa, ma è quella che giorni di studio sul libro di filologia germanica mi hanno portato a formulare.
Ma perché all'inizio parlavo di cultura del massacro? Ebbene, tutti sappiamo che i codici medievali erano trascritti il più delle volte su pergamena. In epoca romana si preferiva il papiro, successivamente si sarebbe scelta la carta. Sappiamo tutti - o dovremmo sapere - che la pergamena è pelle, spesso ovina, appositamente trattata per ricevere la scrittura. Ma come era trattata questa pelle nello specifico? Trascrivo - come l'amico monaco - dal manuale di filologia:

La qualità della pergamena dipendeva dell'età dell'animale, dal tipo di pelle e dalla cura con cui veniva preparata. Di norma si preferivano le pelli di animali o non ancora nati o nati morti o uccisi entro i tre mesi d'età: apprezzatissime erano in particolare le pelli di animali non ancora nati, che producevano pergamene sottilissime e candide (le cosiddette pergamene "virginee" o "uterine". [...] Ogni pelle di vitello (di circa tre mesi d'età) poteva fornire non più di due bifolia (un bifolium = 4 pagine/facciate) congiunti per codici di ampiezza relativamente modesta; per i grandi manoscritti occorreva un'intera pelle per un solo bifolium: di qui le immaginabili implicazioni sulla consistenza della mandria a disposizione e quindi sui costi di produzione.
E ancora:

L'animale ucciso, prima d'essere scuoiato, veniva debitamente spurgato dal sangue e dagli umori; quindi la sua pelle veniva immersa per alcuni giorni in un bagno di ossido di calcio, poi raschiata e levigata scrupolosamente su entrambi i lati per eliminare ogni traccia di peli o di lana e ogni eventuale residuo di carne, indi trattata con allume e gesso, stesa e posta in tensione su un apposito telaio, raschiata di nuovo accuratamente e infine messa a essiccare. Era questa combinazione simultanea di trazione e di essiccazione che garantiva la conservazione permanente e irreversibile della pelle nella sua nuova forma.
Ecco, immaginiamo su quante mandrie, quanti animali, quanti feti sia fondata la nostra cultura. Non dico che questo non sia buono e giusto: o questo o addio latinità. Ma non fa riflettere anche voi? L'uomo nel suo infinito egoismo si è sentito in dovere di sacrificare la vita di centinaia, migliaia, milioni di esseri viventi per salvaguardare la propria identità culturale. E la stessa cosa fa in ogni campo, da sempre, per sempre. L'uomo non vive nella Natura: la calpesta, la sfrutta, ne è il padrone indiscusso e brutale.
Mentre studiavo questa roba, mi è venuto in mente il soggetto per una storia macabra. Un monaco che vive nel più totale isolamento, che non ha più un gregge da scuoiare, ma che deve trascrivere un testo. Questo testo è il più importante che egli abbia mai trascritto, è un testo che se trascritto cambierebbe il domani, cambierebbe la storia dell'uomo (avevo in mente La Commedia di Aristotele de Il nome della rosa, mentre pensavo a questo). Ho immaginato che questo monaco amasse una donna, una donna bellissima e che questa fosse la cosa più sacra della sua vita. Ma anche il manoscritto lo era. L'ho immaginato uccidere la donna, scuoiarla e scrivere sulla sua pelle. Scrivere sulla pelle della donna che amava un testo che avrebbe cambiato il mondo.
La cosa è macabra, molto macabra, ma sul momento mi sembrava anche bella. Aveva un suo valore, una sua rilevanza. Sono quelle idee che ti danno da pensare, te le tieni in testa e sei contento di aver formulato, un giorno, anche se non le scriverai mai.
Poi torni sul libro, perché l'esame di filologia germanica ancora lo devi dare.

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