lunedì 27 aprile 2015

Il narratore, Walter Benjamin

« Il narratore è l’uomo che potrebbe lasciar consumare fino in fondo il lucignolo della propria vita alla fiamma misurata del suo racconto ».



Se pensiamo alla parola “narrazione”, oggi viene naturale associarla alle parole “romanzo” e “romanziere”. Non così per Benjamin, che individua anzi nel romanzo l’avversario e quasi il soppiantatore della narrazione. Il termine “narrazione” ha per il pensatore tedesco un’accezione molto circoscritta: narrazione è l’atto di raccontare storie – proprie ma soprattutto altrui – per una comunità di ascoltatori, con un fine morale o di consiglio, « in modo solido, utile e irripetibile ». A sua volta, il narratore non si identifica con lo scrittore di romanzi e neanche con la voce narrante di un romanzo, ma con la persona il cui mestiere è quello di raccontare storie – mestiere antico quanto il fuoco e la paura del buio e del tutto artigianale. Il narratore è un giusto, un saggio, un uomo che raccoglie esperienze per rimetterle in circolo e che è in grado di fare da tramite tra l’uomo e il mondo, tra la natura e le sue creature. In questo senso, il narratore benjaminiano si potrebbe quasi considerare uno sciamano.
Diversamente, il lavoro dello scrittore si svolge nell’isolamento e il suo fine, attraverso il romanzo, è la ricerca di un senso per la vita. « Scrivere un romanzo significa esasperare l’incommensurabile nella rappresentazione della vita umana. Pur nella ricchezza della vita e nella rappresentazione di questa ricchezza, il romanzo attesta ed esprime il profondo disorientamento del vivente ».
Ma non bisogna pensare a uno iato così totale tra narrazione e romanzo. Infatti l’istinto di raccontare storie – contrariamente a quanto Benjamin pensava e scriveva nel 1936 – non è mai morto, ma anzi serpeggia in forme diverse dall’oralità. Romanzi, appunto, ma anche informazione, cinema, serie tv, politica… Lo stesso nazismo – che incombeva alle spalle di Benjamin – è ingrassato di narrazioni. Proprio per questo, forse, Benjamin ci guida alla riscoperta del senso più puro del narrare. Se narrare è un atto potente e quasi magico, allora il narratore dovrà assumersi la responsabilità morale delle proprie narrazioni: egli dovrà essere davvero giusto e saggio, oppure soltanto un criminale. Implicitamente, Benjamin ci mette in guardia dai falsi narratori della nostra epoca.
Molte note di merito per questa edizione Einaudi. Le annotazioni e il commento di Alessandro Baricco – che ha frequentato il saggio di Benjamin per molti anni – sono preziosi per la comprensione del testo e offrono anche una piacevole distrazione. La consiglio. 

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