martedì 17 novembre 2015

Leggere in vacanza: soluzioni di una viaggia-lettrice

Riproduco in questa sede un articolo del mio secondo blog (I viaggiascrittori), in cui ho parlato del binomio libri/vacanze, che desta le preoccupazioni più sentite di ogni vero lettore. Buona lettura! L'originale lo trovate qui

Una delle cose che amo di più delle vacanze e dei viaggi è la possibilità di leggere in tutta tranquillità (ovviamente, tra un'escursione e l'altra!). Sì, mi avete beccata: non sono una di quelle viaggiatrici infaticabili, che consumano suole e occhi per esplorare tutta la superficie esplorabile. Lo confesso (anche se molti di voi lo avranno già capito): rientro nella categoria delle viaggiatrici pigre, che amano godere della componente rilassante e riappacificante di un viaggio. Stendermi su una sdraio, su un asciugamano, sedere sulla sabbia, su uno scoglio, sul sedile di un treno o di un aereo e perdermi in un buon libro è una tentazione irrinunciabile, che spesso fa sfumare l'orizzonte che ho di fronte, accendendo nella mente diversi orizzonti libreschi, confondendo l'orizzonte di fronte con l'orizzonte libresco, e in questo modo amplificando enormemente l'esperienza del viaggio: viaggia il corpo, viaggia la mente, si mescola il tutto e bum! Come direbbe il Dottore, è un punto fisso nello spazio e nel tempo. Ma in tutto questo c'è un inconveniente. Poniamo che dobbiate restare lontani per un arco sufficientemente lungo di tempo (es. due settimane). Sufficientemente lungo, si intende, per la vostra velocità di lettura! A me capita spesso di non avere abbastanza letture con me, di restare senza un libro, un giornalino, una pergamena... Negli anni, tuttavia, ho sviluppato alcune misure di emergenza. Scopritele con me!

Da grandi libri derivano grandi responsabilità

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George R.R. Martin, A Game of Thrones + A Clash of Kings
Uno dei trucchi per non dover trascinarsi dietro l'intera biblioteca di casa è concentrare le dimensioni della biblioteca di casa in un libro solo. Cioè? Beh, le vacanze sono il momento migliore per leggere i cosiddetti mattoni: quei libri che, per mole e densità, non vi sentite di affrontare in altri periodi dell'anno. Certo, non sono affatto maneggevoli, tuttavia vi risparmieranno l'inconveniente di scelte multiple e sofferte. Qualche esempio? Anna Karenina, IT, un libro qualsiasi di George R.R. Martin (non la versione spezzettata della Mondadori!), I Fratelli Karamazov, Notre-Dame de Paris... sono solo alcuni dei titoli che ho trascinato per isole, spiagge, scogli, continenti, sedili, con assoluta soddisfazione.

Libri a km zero

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Avete paura che nella vostra valigia libri e vestiti possano entrare in conflitto? Che una camicetta prenda per i capelli la gonna di Anna Karenina, distruggendo l'equilibrio dell'equipaggiamento (o, più probabilmente, facendovi entrare in conflitto con il limite di peso per stiva e bagaglio a mano)? Non c'è problema: il mondo è pieno di librerie! Certo, se siete in partenza per l'estero sarà più difficile trovare qualcosa in italiano, ma ormai siamo anche noi un popolo cosmopolita, neh? E compratevelo un libro in inglese! Ricordo con nostalgia alcune graziose librerie che hanno incrociato i miei viaggi: una piccola libreria a Ponza, dal commesso straordinariamente simpatico; una libreria dall'archittetura stranissima sul lungomare di Viareggio; una grande Giunti a Palermo in cui comprai il primo Harry Potter in lingua originale; una libreria di Misano che saccheggiai per superare la giornata da donna mestruata in spiaggia... E la lista potrebbe continuare. Nel 2005, anno in cui andai per la prima volta in crociera con la mia famiglia, arrivai a compiere un gesto disperato: mi rivolsi per aiuto alla biblioteca... della nave da crociera! Di solito, le navi della Costa Crociere hanno una biblioteca a bordo, per quei pochi bibliofili che mal sopportano di lenire i giorni di navigazione con la mini-piscina. E per fortuna.

E-libri

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George R.R. Martin, A Feast for Crows (su Kobo Glo)
Non sono e non sono mai stata un'annusatrice patologica di libri. La carta mi piace, amo sottolinearla, sguarcirla, renderla mia (no, non sono decisamente una lettrice rispettosa), ma l'avvento degli ebook ha reso più semplice e leggera la lettura in vacanza, e non si può non prenderne atto. Un paio di anni fa ho acquistato il mio primo Kobo e devo riconoscerne tutta l'utilità: in un rettangolo di pochi centrimetri di superficie e pochi grammi di peso si possono immagazzinare centinaia di libri e non rimanere mai senza. Oltretutto, l'uso degli ebook reader è consentito persino in aereo (naturalmente, in modalità offline). Ogni rosa, tuttavia, ha le sue spine: per esempio il Kobo va soggetto ad attacchi di panico quando lo si espone alla luce diretta del sole, si blocca e va resettato con un oggetto appuntito. Per questo motivo ho sempre con me uno stuzzicadenti per ovviare al problema (quest'estate alle Canarie mi è stato d'aiuto in più di un'occasione).

Non ho la pretesa che le mie soluzioni per leggere in vacanza siano intelligenti o particolarmente originali. Per questo motivo, mi piacerebbe saperne di più da voi. Vi piace leggere in vacanza? E come vi organizzate per avere a portata di mano i vostri tessssori? Ditelo a una viaggia-lettrice compulsiva!

mercoledì 11 novembre 2015

Una donna, Sibilla Aleramo

«Alfine mi riconquistavo, alfine accettavo nella mia anima il rude impegno di camminar sola, di lottare sola, di trarre alla luce tutte quanto in me giaceva di forte, d’incontaminato, di bello, alfine arrossivo dei miei inutili rimorsi, della mia lunga sofferenza sterile, dell’abbandono in cui avevo lasciata la mia anima, quasi odiandola. Alfine risentivo il sapore della vita, come a quindici anni». 


Ho raccolto questo libro dallo scaffale un po’ per caso, in cerca di una lettura breve, ma che potessi lasciarmi qualcosa. È stata una buona decisione, per quanto inconscia. Di Sibilla Aleramo conoscevo soltanto il nome e, a dire il vero, nemmeno quello, trattandosi di uno pseudonimo. Avevo vaghe cognizioni della sua vita e della sua opera e anche ora posso dire di conoscerne soltanto una parte, quella che si affaccia in questo romanzo autobiografico, che racconta i primi anni della sua vita. Esso racconta, in effetti, di un’altra vita, quella di Marta detta Rina, di una gemma di donna pronta a schiudersi e a sbocciare solo nelle ultime righe del testo, staccandosi dalla pagina per librarsi e – liberarsi – verso un’esistenza femminile più consapevole e dignitosa.

Marta detta Rina è ragazza intelligente, caparbia, coraggiosa, intrappolata in un’esistenza troppo stretta, costretta ad assistere al disfacimento della propria famiglia e alla follia della madre. Vittima di una violenza carnale in giovane età, è spinta a un matrimonio riparatore con un uomo ottuso e prepotente. Le uniche gioie della sua vita coniugale vengono dall’amore per il figlio Walter e dal fatto di poter in qualche modo esercitare una propria indipendenza, attraverso la collaborazione con riviste femminili e gli studi.
E, proprio attraverso lo studio, attraverso il contatto con un ambiente diverso da quello famigliare, Marta detta Rina matura la lenta ma progressiva consapevolezza di star conducendo un’esistenza ignominiosa, accanto a un marito che non ama e che non la ama e che, per di più, la sottopone a continue violenze fisiche e psicologiche. Marta detta Rina aspira a rivendicare la propria dignità di donna, a rivendicare tale dignità per tutte le donne, a vivere senza rimorsi e vergogna il suo bisogno d’amore. Questo la porta, in ultima analisi, al sacrificio che considera supremo: l’allontanamento dalla casa coniugale e la perdita dei diritti su suo figlio, unico legame che per tanti anni l’aveva tenuta in vita. Il punto di arrivo della sua maturazione è estremamente doloroso, ma ancora oggi illuminante:

«Perché nella maternità adoriamo il sacrifizio? Donde è scesa a noi questa inumana idea dell’immolazione materna? Di madre in figlia, da secoli, si tramanda il servaggio. È una mostruosa catena. Tutte abbiamo, a un certo punto della vita, la coscienza di quel che fece pel nostro bene chi ci generò; e con la coscienza il rimorso di non aver compensato adeguatamente l’olocausto della persona diletta. Allora riversiamo sui nostri figli quanto non demmo alle madri, rinnegando noi stesse e offrendo un nuovo esempio di mortificazione, di annientamento. Se una buona volta la fatale catena si spezzasse, e una madre non sopprimesse in sé la donna, e un figlio apprendesse dalla vita di lei un esempio di dignità?»


Marta detta Rina è un’Anna Karenina in carne ed ossa, che però non finisce i suoi giorni sulle rotaie, ma nei salotti mondani, dove allaccia avventure e storie d’amore, con uomini e donne, e dove scrive, esprime se stessa, vive a tutto tondo. Ma ormai non è più Marta né Rina: è Sibilla, rinata dalle ceneri della ragazza, e questa donna io non la conosco ancora bene.

Questo romanzo, uscito in Italia nel 1906, non è privo di difetti. Al lettore contemporaneo potrà risultare un po’ troppo enfatico e, al tempo stesso, un po’ troppo reticente: dettagli sui nomi, sui luoghi, persino sulle violenze sono sistematicamente abrasi e appaiono soltanto fra le righe. È un libro, ancora, che racconta molto, ma mostra molto poco, e oggi forse non sarebbe neanche pubblicato. Eppure, per fortuna, fu pubblicato in un’epoca ancora oscura per la donna com’era l’inizio del secolo scorso ed esercitò la sua influenza: forse salvò da un’esistenza buia qualche decina di Marte e di Rine, forse aprì gli occhi di molte altre. Certamente spalancò la strada a un tipo di scrittura femminile schietta, intrisa di verità e di miseria, che non era fino ad allora praticata.

«Un libro, il libro… Ah, non vagheggiavo di scriverlo, no! Ma mi struggevo, certe volte, contemplando nel mio spirito la visione di quel libro che sentivo necessario, di un libro d’amore e di dolore, che fosse straziante e insieme fecondo, inesorabile e pietoso, che mostrasse al mondo intero l’anima femminile moderna, per la prima volta».

Ieri sera, dopo aver terminato la lettura, ho voluto fare una ricerca. Mi domandavo se Sibilla fosse riuscita a riallacciare un rapporto con suo figlio. Ho scoperto, purtroppo, che si rividero soltanto tre volte e che lui non le perdonò il suo abbandono. E questa, sono sincera, è la cosa che mi ha riempito di tristezza più di tutte.