lunedì 13 luglio 2015

Delitto e castigo, Fëdor Dostoevskij

«Perché vivere? A cosa mirare?  A cosa aspirare? Vivere solo per esistere? Ma anche prima era pronto a dare mille volte la sua esistenza per un’idea, per una speranza, perfino per una fantasia. La sola esistenza era sempre stata troppo poco per lui; aveva sempre voluto di più. Forse solo per l’intensità dei suoi desideri allora si era considerato un uomo a cui era permesso più che ad altri».


Che cosa può aggiungere la mia piccola opinione a quanto si è già detto o scritto su un romanzo come questo? La mia vita ne è completamente schiacciata.
Ho conosciuto Raskol’nikov per la prima volta qualche settimana fa: ha 150 anni, ma se li porta piuttosto bene. È studente fuori sede, a San Pietroburgo; la madre lo mantiene con la pensione del babbo. I soldi, però, non sono abbastanza, così ha lasciato l’università, non paga l’affitto e passa tutto il tempo coricato sul divano del suo appartamento, uno squallido abbaino in cui non riesce quasi a stare in piedi. Qui, morso dalla fame, dal freddo e dalla nevrosi, cova torbidi pensieri: sa di essere intelligente e forse destinato a grandi cose, ma la miseria annienta ogni sua ambizione; sa che, se solo avesse 3000 rubli, potrebbe tornare all’università, gettare le prime basi per una sua carriera e offrire una posizione solida alla madre e alla sorella, che tanto ama. Inoltre, sa che quei 3000 rubli sono senza fallo posseduti da una vecchia strozzina, egoista e malvagia.
«… da una parte una vecchietta stupida, balorda, insignificante, cattiva e malata, che non serve a nessuno, anzi è dannosa a tutti, che non sa neanche lei perché vive e che domani comunque morirà per conto suo. […] Dall’altra parte, forze giovani, fresche, che vanno perdute inutilmente senza sostegno, e a migliaia, e ovunque! Cento, mille buone azioni e imprese, che si possono organizzare e aggiustare con i soldi della vecchia, destinati al monastero! Centinaia, forse migliaia di esistenze indirizzate sulla giusta strada; decine di famiglie salvate dalla miseria, dalla degradazione, dalla rovina, dal vizio, dagli ospedali per le malattie veneree: e tutto questo con i suoi soldi. Uccidila e prendi i suoi soldi per consacrarti poi con il loro aiuto al servizio di tutta l’umanità e della causa comune; che ne pensi: un unico, minuscolo delitto non sarà forse espiato da migliaia di buone azioni? Per una sola vita, migliaia di vite salvate dalla putrefazione e dalla corruzione. Una sola morte e cento vite in cambio: dopotutto è aritmetica! E poi che cosa significa, sulla bilancia generale, la vita di questa vecchiaccia tisica, stupida e malvagia? Non più della vita di un pidocchio, di uno scarafaggio, anzi non vale neppure quella, perché la vecchiaccia è dannosa».

Sembra un conto facile, ma la bilancia generale della vita non segue le regole dell’aritmetica. Oppure Raskol’nikov non sa contare. Qualcosa va storto, nel delitto e nella sua mente, e quello che doveva essere l’inizio della sua ascesa alla vita si trasforma invece in una discesa: uno sprofondamento nel gorgo che è dentro di lui e che è la stessa San Pietroburgo, capitale putrida, sfarzosa e corrotta, ricettacolo di profittatori, usurai, ubriaconi, prostitute, affittacamere, ruffiani, pedofili. Raskol’nikov si trova intriso fino alle ossa in un mondo di delirio e di sofferenza, di ingiustizia e di perversione; il suo percorso si incrocia con quello di veri angeli e di veri demòni. È il 1865, ma il 2015 non è diverso.
Attraverso Raskol’nikov ho fatto la conoscenza di altre persone indimenticabili: Sonja Marmeladova (il suo nome, così dolce, mi si scioglie in bocca, e non posso non pensare che la salvezza alberghi nel suo parasole bucato), il candido Razumichin, l’arguto e buono detective Porfirij, Svidrigajlov dal nerissimo cuore. La vera Vladimirka – la via per la Siberia – è separarmi da loro.


Mi rifiuto di credere che Dostoevskij sia stato un uomo come noialtri e che tutto questo non sia che una sua creazione. Una creazione, forse, ma del tipo che infonde la vita e che profuma irresistibilmente di divinità. 


martedì 7 luglio 2015

Un'altra Penelope... anche sullo store Mondadori!

In vendita da oggi anche su MONDADORI STORE la versione epub del mio racconto Un'altra Penelope.



SINTESI
Penelope è una giovane donna alla ricerca di un suo equilibrio. La depressione e un tentativo di suicidio l'hanno lasciata vuota e in tutto dipendente dalla famiglia. Attraverso l'analisi e la scrittura, cerca ora un senso per la propria vita - se è possibile trovarne uno. Per far questo, si rifugia nelle storie, nelle persone e nei luoghi della sua infanzia, alla riscoperta di un sé forse più autentico, certamente più vivo. 

Oppure:

Non sei persuaso?

Compi un atto di gentilezza e sarai ricompensato da una buona lettura.

venerdì 3 luglio 2015

Un'altra Penelope... su Amazon!

In copertina, una bella foto di Marco Tamborrino
Da oggi disponibile per Kindle il mio racconto lungo Un'altra Penelope, scritto durante il corso "Chi dice IO", organizzato dalla Scuola Holden a Bologna. Un'esperienza davvero interessante e formativa, che mi ha permesso di conoscere bravi colleghi e un ottimo insegnante, lo scrittore Andrea Tarabbia.

Sul blog trovate gratuitamente i primi due capitoli del racconto:

Al prezzo di un caffè, invece, potete scaricarlo da Amazon e leggerlo per intero sul vostro Kindle o su un'applicazione Kindle gratuita per PC (clicca per info e per scaricarla):
Spero vogliate sostenermi in questa piccola trasferta. Buona lettura e fatemi sapere cosa ne pensate. A fianco trovate le info per raggiungermi su Facebook, Twitter o Goodreads.
Smack.