lunedì 24 febbraio 2014

II.


Le maniche della camicetta azzurra
scoprono le vene sottopelle azzurre
polsi fragili.
Un tempo succhiavano il veleno
dal sangue larve schifose
adesso è demodé il salasso
(anche se ci salassa
no il lavoro
la vita
l’amica
l’amore
ci duole
il sangue più di prima
avvelenato).

Se potessimo liberarci degli affanni
come starnutendo
se il muco sul fazzoletto
fossero le nostre paralisi
ipocondrie
odi inqualificabili
se finisse il nostro ricordo
nella pattumiera
questo sangue
questo sangue
non farebbe tanto male
da doverlo estirpare.

Le maniche della camicetta azzurra
scoprono le vene sottopelle azzurre
recidiamo
fiotti di dolori con dolore
allagano le piastrelle
il pavimento celeste
fiorisce
ta/ogliamo bene
tutte le spine.

Depurati srotoliamo
il risvolto
il polso

non c’è più. 



Di Chiara Pagliochini

lunedì 10 febbraio 2014

I.


Era un paesaggio diverso
deserto chiaro di dune morbide
zucchero-dolci.
Di quel deserto ero regina
lui re
aste che puntellano un tendone da circo
vuoto.
Per ripararci dalla pioggia
avevamo fatto tutto arido.

Lui sbrogliava le mie giungle
sagomandole in prati inglesi.
Io tendevo alla foresta:
mi riduceva ad aiuola.
Curva
amavo la linea diritta del suo pensiero.

Poi
un giorno
mi sono lasciata andare
alla pluvialità.
Ho pianto sulla sua spalla
sul sedile della sua macchina.
Carezzandomi diceva
che poteva darmi ancora
una spuntatina.
Baciandomi i capelli diceva
non annaffiarla troppo
non crescere mangrovia
non ti espandere
radice pestilenza.
Io credevo
lo faceva per mio bene
per l’ordine del suo pensiero
che era bene.
Lui credeva
negli amori da giardino
addomesticati, docili.

Ma quando alzai lo sguardo
e vidi
la cesoia nei suoi occhi
ma quando alzai lo sguardo
e vidi
il deserto che eravamo
per la prima volta ebbi paura
di prosciugarmi.
Non lo vidi più.

È un paesaggio diverso
adesso
un rigoglio di scimmie urlanti.

Lui dissipava la densità della materia
forse per non farmi udire queste urla.




Di Chiara Pagliochini