lunedì 1 aprile 2013

I sintomi


Ricardo Fernandez Ortega, Agua

Alimentando il fuoco esteriore,
ravvivando la brace come
non si può con l’anima spenta
(non la rassicurano
quieti gesti rassicuranti);

auscultando i lamenti del corpo
che lamenta il nulla, il non lamentabile,
un cavo di ghiandole, di pensieri felici;

assistendo con sconcerto al decadimento
di un orizzonte esterno di ferme convenzioni
non più così ferme;

e venute a cadere certezze e convenzioni
e moltiplicandosi le convulsioni corporee,
interrogo i miei sensi sciocchi come una pizia
non chiedendo altro che una pausa
da me, dal mondo, dalla paura
di me e del mondo

perché sono come morta e non lo sono
e mangio e parlo
come una bambola quasi vera,
meno vera di una vera bambola.

Dalle palpebre monta un’effervescenza
di lacrime che cascando scavano
un’acquasantiera nel bacino.
Nei fianchi stanno fitte le croci
di cui mi faccio il segno.
I reni si bagnano nel desiderio
del tuo corpo, delle costole magre,
della voglia franca e potente
della tua passione fra le dita.
Pulsa un secondo cuore nel mio sacrario.

Ma il catalogo delle cause, degli sfoghi cutanei
mi allontana dalla ricerca di una cura
che foglie sparse al vento suggeriscono
di inseguire in questi versi o nel tuo abbraccio.
Nei foglietti illustrativi non ci leggo
alcuna controindicazione.  

Di Chiara Pagliochini

1 commento:

  1. "e venute a cadere certezze e convenzioni
    e moltiplicandosi le convulsioni corporee,
    interrogo i miei sensi sciocchi come una pizia
    non chiedendo altro che una pausa
    da me, dal mondo, dalla paura
    di me e del mondo"

    Mi ci rivedo così tanto in questo periodo...mi piacerebbe davvero quella pausa.

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