lunedì 12 dicembre 2011

Le regole del restare


Se sapessi scrivere poesie,
ci scriverei quanto mi sento male
e come nell’ultimo anno
ho guardato trecentotrentatre film,
tutti quelli che davano alla tv.
E mentre trentadue trentini
entravano a Trento e l’ultimo
si attardava saltellando
su una gamba sola,
io stampavo la mia forma
nella poltrona, zitta,
perdendomi nel technicolor,
e intanto andava il fischio
del treno, perché io abito
sopra la stazione.
Ho preso questo appartamento
che dava sopra la stazione,
perché pensavo che vedendo il treno
sarei potuta partire sempre,
ma poi mi sono fermata
e sono rimasta incatenata
ai braccioli.
E il fischio del treno passa
e passano i treni e passano
i film alla tv e pure il tempo,
ma io son sempre qui
che mi attardo.
Sul pianale della scrivania
c’è il mio romanzo, scritto per metà,
che dovevo finirlo prima di partire,
ma poi non sono partita più.
Nel primo paragrafo
c’è una frase che fa,
“erano la sua vita
il silenzio, la stasi, la prosa;
la sua vita era posa
di un qualche sordido teatrino”.
È impossibile finire i romanzi,
quando capisci che parlano di te.
Sul tavolo ci sono le forbici
e il nastro per confezionare i regali,
di quello con cui si fanno i riccioli
che mi vengono sempre tanto bene.
Quel romanzo dovevo regalarlo
agli amici che non ho
o che ho perduto,
a quelli forse ancora da incontrare,
non saprei, perché nella vita
non si sa.
Ma poi, ecco, è tutto lì e sopra
ci cresce la polvere,
che è l’unica bestia che si nutra
di silenzio:
deve avere proprio un saporaccio.
Se sapessi scrivere poesie,
le scriverei per chi si sente male,
per quelli che stazionano
nelle poltrone, anche se di film
ne hanno visti duecentoventidue
e i loro trentini arrivano tutti
sani e salvi.
Scriverei poesie
per scrollare la polvere
e dire, Partite,
c’è ancora un treno che si affretta
e c’è un treno che non è partito
ancora, perché il capostazione
siete voi e tutti aspettano
il vostro segnale.
Partite, Partite, Partite,
ma non provate a spostarmi di qui,
ché la poltrona soffrirebbe la mia assenza
e la tv dà solo film
che chiedo io.
Questo mio mondo mi ubbidisce
ed io conosco le regole del restare
ma ho dimenticato tutte le altre.

Di Chiara Pagliochini

3 commenti:

  1. Bella, profonda e dolorosa, com'era giusto che fosse per il significato che volevi trasmettere.

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  2. Che spettacolo! E' come tirare un filo di lana dalla tua testa, lentamente, per vedere cosa c'è alla fine. E alla fine c'è rassegnazione e una tristezza un po' stanca di se stessa. :) Bravissima! ^_^

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