sabato 13 dicembre 2014

Antologia di Spoon River, Edgar Lee Masters

« Molte volte ho studiato
la lapide che mi hanno scolpito:
una barca con vele ammainate, in un porto.
In realtà non è questa la mia destinazione
ma la mia vita.
Perché l’amore mi si offrì e io mi ritrassi dal suo inganno;
il dolore bussò alla mia porta, e io ebbi paura;
l’ambizione mi chiamò, ma io temetti gli imprevisti.
Malgrado tutto avevo fame di un significato nella vita.
E adesso so che bisogna alzare le vele
e prendere i venti del destino,
dovunque spingano la barca.
Dare un senso alla vita può condurre a follia
ma una vita senza senso è la tortura
dell’inquietudine e del vano desiderio –
è una barca che anela al mare eppure lo teme. »


Lasciate che vi racconti una storia. Siamo in Italia, negli anni del fascismo. Una “ragazzina” chiede a un importante scrittore di spiegarle la differenza tra letteratura inglese e letteratura americana. Lavorano insieme, per la stessa casa editrice. Una casa editrice il cui direttore editoriale sarà torturato e ucciso dai nazisti nel 1944, dopo essere stato scoperto a pubblicare clandestinamente il giornale di Giustizia e libertà. È questo il clima in cui la ragazza pone la sua buffa domanda, la cui risposta oggi ci appare così scontata.
Il grande scrittore si passa la pipa dall’altra parte della bocca per nascondere un sorriso e non risponde. Una mattina, porta alla ragazza un libro. Si intitola Spoon River Anthology. Lei lo apre, “proprio alla metà”, e resta folgorata da due versi: « mentre la baciavo con l’anima sulle labbra, l’anima d’improvviso mi fuggì ». Colta da un impulso irrefrenabile, comincia a tradurlo in italiano. Per parecchi anni traduce e traduce gli stessi ritratti, finché sono ormai parte di lei. Un giorno, lo scrittore le trova il manoscritto con le traduzioni in un cassetto. Lei si vergogna, aspetta “con un gran batticuore” che lui dica qualcosa. Ma lui dice solo: 
« Allora ha capito che differenza c’è tra la letteratura americana e quella inglese », e si porta via il manoscritto.
Nel 1943, quello scrittore, Cesare Pavese, e quella ragazzina, Fernanda Pivano, curano la prima edizione italiana del capolavoro di Masters, che esce con il titolo di Antologia di S. River, ammiccamento a un improbabile Santo, al quale la censura concede il lasciapassare. Salvo poi rimangiarselo qualche giorno dopo e sequestrare il libro per “immoralità della copertina” – una copertina bianca orlata di verde.
Se oggi la differenza tra letteratura inglese e letteratura americana ci appare così scontata, pensiamo a quei due truffatori, Pavese e la Pivano, che per primi portarono in Italia non soltanto Edgar Lee Masters, ma Melville, Whitman, Hemingway, Fitzgerald, Kerouac… Portarono il mondo da noi, portarono noi nel mondo.


L’Antologia di Spoon River ha un doppio cuore: un cuore pulsante di poesia e un cuore pulsante di narrativa. In versi, infatti, vengono narrate le sorti degli abitanti di Spoon River, immaginario paese americano traversato dal fiume Spoon. Sono gli abitanti stessi, dal cimitero sulla collina, a narrare la propria vita o soltanto un momento di essa, a raccontare la storia di qualcun altro, a offrire un giudizio definitivo ma incompleto sulla propria esperienza terrena. Gli abitanti di Spoon River si compongono epitaffi, ognuno secondo le proprie capacità. Ci sono epitaffi sublimi ed epitaffi scialbi, quelli che strappano un sorriso e quelli che strappano una lacrima, quelli che avvincono e quelli che lasciano completamente indifferenti. La genialità di Masters consiste in questo: nell’umiltà di aver messo in bocca le parole giuste per ciascuno. Il poeta non cerca di impressionare con la propria tecnica, non compone una raccolta di soli pezzi magnifici, non sceglie soltanto i frutti migliori. No, egli lascia che la vita entri nella poesia in tutte le sue sfaccettature, da quelle più lustre a quelle più opache. Così la sua poesia e i suoi personaggi sono davvero vivi.
Credo che Edgar Lee Masters mi abbia insegnato che anche la poesia è racconto. Credo che, senza di lui, avrei impiegato molto più tempo per capirlo. La poesia è un modo per parlare della vita e del mondo, non soltanto ed egoisticamente della nostra vita e del nostro mondo interiore. Solo in questo modo la poesia può diventare davvero generosa e umana.


Sono tanti, troppi, i componimenti che mi hanno lasciato qualcosa, i personaggi femminili specialmente. La traduzione della Pivano è bella, davvero, ma è il testo originale a fronte a rendere straordinaria l’esperienza di lettura, permettendo al lettore di assaporare il ritmo e la grana del verso.
È un libro che regalerei a quelli che dicono – sì, esistono – « Io non leggo poesia, non mi piace ». Esiste tanta altra poesia rispetto all’oscura – e tuttavia magnifica – Ginestra leopardiana, tanta poesia che aspetta di aprire i nostri occhi alla bellezza. 

Trovate altre poesie, recitate, in questa stupenda serie di video su Youtube: Gilmore Acting Studio





3 commenti:

  1. Risposte
    1. Si tratta di un bellissimo libro che fai molto bene a suggerire a tutti e diffondere. Andrebbe preso più in considerazione dalle antologie!

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