venerdì 29 maggio 2015

Niels Lyhne, Jens Peter Jacobsen


«Era stanco di se stesso, dei suoi freddi pensieri e dei suoi sogni. La vita un poema! Non quando si passa il tempo a poetare sulla vita invece di viverla. Com’era priva di contenuto, vuota, vuota, vuota! Ah, quel continuo andare a caccia di se stesso, spiando scaltramente le proprie impronte, in un eterno girare in tondo; quell’apparente tuffarsi nel fiume della vita, e intanto starsene seduto a gettar l’amo, aspettando di pescare se stesso sotto chissà quale travestimento! Ah, se solo si fosse decisa a venire finalmente – la vita, l’amore, la passione – così che smettesse di farvi sopra della poesia, per lasciare che fosse la vita stessa a farsi poesia con lui». 



È una di quelle rare occasioni in cui credo di aver poco da aggiungere alla citazione iniziale, se non questo: mai come leggendo Niels Lyhne mi sono resa conto che in un romanzo dell’800 si può trovare tutto quel che cerchiamo, risposte a domande che non abbiamo mai osato formulare, sfumature di sentimento per le quali non siamo riusciti a trovare una corrispondenza verbale. Jacobsen, come molti colleghi del secolo, sembra possedere quella conoscenza della natura umana che ce lo rende estremamente caro e che, allo stesso tempo, lo allontana inesorabilmente da noi, figli di due secoli di dubbio e di rifiuto della conoscenza.
Niels, protagonista del romanzo, ha la grazia di un personaggio di Čechov: animato da una grandissima fame di vita, non riesce tuttavia a compiere il passo di vivere. La sua esistenza si svolge in un interminabile sogno: sogna l’amore – e non lo raggiunge che per istanti fugaci; sogna di essere poeta – ma non sente mai arrivato il momento di offrire al mondo la propria poesia. Così nell’attesa vediamo svolgersi la sua vita, vuota, sempre più vuota, coerentemente con la fede atea e nichilista che lo muove. Una rosa di delicatissimi personaggi gli fa da contorno: Bartholine, madre di Niels («In mezzo a tutta quella bellezza lei rimaneva con il suo inappagato desiderio di bellezza in cuore»); Erik, l’artista che nel rumore del mondo perde la sua musa; la signora Boye; Fennimore. Nel tratteggiare i personaggi femminili Jacobsen dà il meglio di sé, dimostrando una rara e stupefacente capacità di penetrazione, che apre nell’animo grandi squarci di chiaroveggenza. 
Se volessimo trovare un tema, dovremmo dire che Niels Lyhne è il romanzo della «nostalgia della vita: non di una sua forma particolare e determinata di cui si lamenti la mancanza, ma della vita in sé, come se essa stessa fosse assente» (Claudio Magris). Per questo non può che trattarsi di un libro doloroso, amaro, impietosamente pessimista, ove non è prevista alcuna forma di catarsi. Conoscersi non salva. 

Di Chiara Pagliochini

2 commenti:

  1. Girovagando, sono arrivato qui perché ho letto una lettera di Rilke dove veniva citato Jacobsen e incuriosito ho cercato notizie. Be' credo che mi procurerò il libro. Miao

    RispondiElimina
  2. Anche io tramite una lettera di Rilke, non vedo l’ora di leggere Jacobsen adesso :)

    RispondiElimina